Fu costruita come oratorio privato, annesso al palazzo dei titolari del feudo di Luino e Quattro Valli, detenuto, dalla fine del XVI sec., dalla famiglia milanese Marliani (il palazzo, poi Crivelli, è oggi sede del municipio di Luino). Ruggero Marliani, alla metà del ’600, ingaggiò a Milano l’architetto capo della fabbrica del Duomo, Gerolamo Quadrio, progettista assai attivo in area lombarda. Le opere si conclusero nel 1666, secondo quanto attesta la lapide sopra il portale d’ingresso. L’impianto spaziale interno, basato su un ottagono allungato, ripete, aggiornandolo, i modelli messi a punto a Milano all’inizio di quel secolo da Giovanni Maria Richini. Inconsueto l’alto pronao sulla facciata, risaltante rispetto alla linea dei fabbricati allineati, oggi e allora, verso il lago: fu, questo, al lungo, il simbolo del borgo, come numerose vedute e descrizioni di viaggiatori (principalmente inglesi) comprovano. All’interno si ammirano l’altare maggiore, certo disegnato dal Quadrio, con bella tela (Sponsali di Giuseppe e Maria) a suo tempo elogiata dal cardinale di Milano, Giuseppe Pozzobonelli, in visita pastorale a Luino nel 1748. Gli altari laterali sono opera imponente in radica di noce e furono collocati attorno alla metà del XVIII sec. Racchiudono, a loro volta, pregevoli tele dedicate a santi ed episodi francescani; singolari i paliotti, in cuoio dipinto.
La famiglia Marliani, tra le principali di Milano, poteva far riferimento ad una cerchia di artisti di primo, primissimo livello. Così non si fece sfuggire il passaggio da Milano di uno dei principali autori del Seicento dell’Italia settentrionale e d’Europa, il gesuita Andrea Pozzo, noto anche agli studenti delle scuole per via del soffitto illusionistico da lui affrescato in Roma nella chiesa di S. Ignazio. Commissionarono, così, una complessa tela che, oggi sottoposta a restauro, ha svelato, se non proprio la qualità pittorica originaria (persa per via di una cattiva conservazione dell’opera, per lungo tempo relegata in una soffitta), quantomeno alcuni dettagli che illuminano sulla scena rappresentata. Si tratta della miracolosa resurrezione di san Dionigi, tra i primi, leggendari vescovi di Milano, la cui salma abbraccia, in segno di continuità, la figura di sant’Ambrogio, che ne seguì le orme sulla cattedra episcopale ambrosiana qualche secolo dopo. Il tutto confezionato ad arte per esaltare le glorie famigliari. I Marliani, infatti, vantavano di discendere da san Dionigi. Da qui la co-dedicazione dell’oratorio e l’effige del vescovo nella bella statua che, accanto a quella di san Giuseppe, sorveglia l’ingresso alla chiesa.
Curiosità. A destra dell’altare maggiore, sopra una cantoria finemente intagliata e dorata (altra, in funzione di pulpito, si trova sul lato opposto), si eleva l’organo, datato 1683; lo strumento fu recuperato ricreando le canne grazie al rinvenimento del somiere (il piano d’appoggio delle canne) i perfetto stato di conservazione in occasione di restauri all’edificio negli Anni ottanta del Novecento. Tra i più antichi organi dei luoghi, lo strumento è utilizzato regolarmente per concerti.